Influenza Aviaria: cos’è e dobbiamo preoccuparci?

L’Influenza aviaria è una malattia virale altamente contagiosa e in grado di diffondersi molto facilmente tra gli uccelli. Quanto è pericolosa questa malattia per l’avifauna selvatica? e per l’uomo? dobbiamo preoccuparci? Nelle prossime righe vi spieghiamo perché vogliamo parlarne! Ma iniziamo dal principio spiegando cos’è l’aviaria e da cosa è provocata.

Vi tedieremo un pochino con le prossime argomentazioni un po’ tecniche ma serve partire dalle basi per poter dare un giusto inquadramento a questo complesso argomento.

Virus che provocano l’influenza aviaria

I virus dell’influenza aviaria appartengono alla famiglia degli Orthomyxoviridae e al genere Influenzavirus A, a cui appartengono anche i virus influenzali sia dell’uomo che degli animali (influenza aviaria, suina ed equina). Ogni virus influenzale A possiede un antigene HA e un antigene NA, apparentemente in qualsiasi combinazione. Un antigene è una molecola presente sul virus che ne permette la distinzione da un altro. Finora si conoscono 16 sottotipi HA (H1–H16) e 9 sottotipi NA (N1– N9) dell’influenza aviaria (quindi un numero elevato di virus!)

I Virus dell’aviaria sono virus resistenti

I virus dell’influenza aviaria hanno la caratteristica di essere resistenti alle basse temperature, infatti si diffondono prevalentemente nel periodo autunno-inverno. Questo tipo di virus può sopravvivere per lunghi periodi in acqua, sulle superfici e nelle feci degli animali infetti: oltre 4 giorni a 22° C e più di 30 giorni a 0° C. D’altra parte è molto sensibile all’azione del calore: a una temperatura di 60° C muore in soli 3 minuti. I virus influenzali vengono inoltre inattivati facilmente dai comuni disinfettanti, in assenza di materiale organico.

I virus aviari possono avere diversa aggressività e vengono quindi distinti in due categorie:

  • LPAI, Low Pathogenicity Avian Influenza: “poco aggressivi” per i volatili domestici (polli, tacchini, faraone e altri volatili da cortile) in cui causano o infezione asintomatica o malattia lieve.
  • HPAI, Highly Pathogenic Avian Influenza: “molto aggressivi” per il pollame, in cui causano difficoltà respiratoria, rantoli, starnuti, lacrimazione, edema ed emorragie cutanee, diarrea, arresto della produzione di uova e disturbi nervosi. Tutti questi sintomi possono presentarsi da soli o in differenti combinazioni. Nelle forme più violente la mortalità è molto elevata: la morte sopraggiunge improvvisamente e senza sintomi premonitori.

Trasmissione del virus

I virus influenzali aviari, si localizzano e si replicano nell’intestino dei volatili e sono eliminati attraverso le feci. I volatili selvatici si infettano tra loro attraverso il contatto diretto (via oro-fecale), oppure dall’ambiente (acque superficiali contaminate). La diffusione è facilitata dal contatto con qualsiasi cosa contaminata da materiale fecale, escreti e secreti, come mangime, acqua, attrezzature, mezzi di trasporto e persone.

Nelle aree indenni da influenza, l’introduzione primaria del virus si verifica attraverso il contatto diretto o indiretto con animali selvatici e domestici che eliminano il virus oppure con le movimentazioni dell’uomo e delle attrezzature provenienti da allevamenti infetti o dai mercati di animali vivi. 

Un po’ di storia

Cos’è l’influenza aviaria? e quando fu scoperta? Nel 1878, lo studioso italiano Edoardo Perroncito diagnosticò e descrisse per la prima volta una gravissima malattia del pollame nelle fattorie delle colline piemontesi: la “peste dei polli”. Si tratta della prima osservazione in Italia dell’influenza aviaria. 

Bisogna attendere il 1901 perché gli scienziati riescano ad individuare l’agente patogeno della malattia, identificato poi nel 1955 come un virus influenzale appartenente al tipo A.

Dal 1959 la malattia è stata segnalata in tutto il mondo, ma i focolai ad alta patogenicità erano poco frequenti; fino al 1996, quando un virus del sottotipo H5N1 è stato isolato nei volatili di un piccolo allevamento nella provincia di Guandgong, in Cina, dando inizio a una serie di epidemie che hanno coinvolto diversi continenti. 

La più grande varietà di virus dell’influenza aviaria è stata isolata dagli uccelli selvatici e in particolare da volatili acquatici appartenenti agli ordini Anseriformi e Charadriformi. La particolare etologia di queste specie, caratterizzata dalla tendenza a vivere in gruppi numerosi, con il brutto vizio di compiere lunghe migrazioni e l’affinità per l’ambiente acquatico, li rendono degli ospiti ideali.

Alcune specie di uccelli hanno la capacità di infettarsi con diversi sottotipi di virus contemporaneamente, senza subire effetti letali, assicurando le condizioni necessarie per il riassortimento genetico. Queste specie vengono dette “serbatoio”. A loro volta, i virus influenzali hanno avuto nel corso del tempo la capacità di adattarsi alle specie serbatoio andando verso una completa attenuazione della patogenicità nell’ospite. Questi uccelli consentono quindi la permanenza in natura dei soli virus a bassa patogenicità che sono liberi di riprodursi e continuare a modificarsi creando nuove varianti.

I focolai sostenuti da virus ad alta patogenicità negli uccelli selvatici sono (ormai è più corretto scrivere “erano”) molto rari in natura, in quanto non rappresentano una strategia ecologica vincente: anche per lo stesso virus risulta poco conveniente uccidere il serbatoio attraverso il quale si moltiplica e si diffonde.

Storia della diffusione ed evoluzione

Il primo focolaio di un virus influenzale ad alta patogenicità su uccelli selvatici è stato descritto nel 1961 in Sudafrica. Circa 1300 sterne (Sterna hirundo) sono state trovate morte! Da queste poi è stato isolato un virus H5N3 ad alta patogenicità. Questo episodio è rimasto un evento eccezionale per diverso tempo.

Recentemente ci sono stati diversi casi di infezione letale in uccelli selvatici nei Paesi asiatici coinvolti nell’epidemia da H5N1 ad alta patogenicità. Dal 2003 l’H5N1 ad alta patogenicità, oltre che nei classici uccelli serbatoio, è stato trovato in individui appartenenti a differenti specie come il falco pellegrino (Falco peregrinus), l’airone grigio (Ardea cinerea), la garzetta (Egretta garzetta), l’anastomo asiatico (Anastomus oscitans), l’oca indiana (Anser indicus), il germano reale (Anas platyrhynchos), la casarca (Tadorna ferruginea), il gabbiano di Pallas (Larus ichthyaetus), il gabbiano testa bruna (Larus brunicephalus), la gazza (Pica pica) e la cornacchia della giungla (Corvus macrorhynchos). 

Il focolaio più grande è stato registrato a maggio 2005 nel Lago Qinghai, nella Cina occidentale.  In questo caso sono stati trovati morti oltre 6.000 uccelli acquatici appartenenti a cinque specie diverse: l’oca indiana (Anser indicus), il gabbiano di Pallas (Larus ichthyaetus), il gabbiano testa bruna (Larus brunicephalus), il cormorano (Phalacrocorax carbo) e la casarca (Tadorna ferruginea). 

Le attività umane e l’alto tasso d’infezione nelle specie domestiche allevate all’aperto sono state considerate alla base della circolazione di questi virus nelle popolazioni selvatiche che quindi spesso acquisivano il virus dal contatto con il pollame infetto. Infatti, i principali ceppi ad alta patogenicità si sono sviluppati proprio all’interno dei pollai e degli allevamenti, andando poi a reinfettare nuovamente le specie selvatiche (una sorta di trasmissione in circolo del contagio tra specie selvatiche e allevate).

Successivamente si è assistito ad un’ulteriore evoluzione dell’eco-epidemiologia dell’influenza aviaria. Ora gli uccelli selvatici possono consentire, per un determinato arco di tempo e in una determinata area geografica, la permanenza in natura di virus ad alta patogenicità dandogli l’opportunità di generare nuovi ceppi dalle caratteristiche nuove e imprevedibili e di essere diffusi con dinamiche paragonabili a quelle note per i virus LPAI. Questo nuovo fenomeno è stato all’origine delle epidemie di HPAI da virus del sottotipo H5 (H5N8, H5N5, H5N6, H5N2, H5N1) introdotti con le migrazioni dagli uccelli selvatici in molti Paesi di Asia, Europa e negli USA dal 2014.

Nel 2003, il virus H5N1 HPAI si è diffuso in Asia, a partire dalla Cina, Europa e Africa, dando inizio ad una delle situazioni più complesse per la gestione dell’epidemia nel mondo.  Col tempo, in molti paesi Asiatici e Africani il virus è diventato endemico provocando milioni di morti nel pollame e centinaia di casi anche nell’uomo. 

A proposito di uomo… dobbiamo preoccuparci?

A partire dal 1997 si sono registrati casi gravi di infezione umana in persone a stretto contatto con volatili infetti in aree molto povere, in condizioni di forte promiscuità e scarsa igiene, senza un’opportuna consapevolezza della presenza della malattia e dei rischi ad essa associati. In condizioni normali, addetti al settore avicolo, veterinari, macellatori, allevatori, trasportatori, ecc. sono considerati categorie a rischio di contagio perché possono venire in contatto più frequentemente con uccelli infetti o morti di influenza aviaria. Per tutti questi soggetti è consigliabile la vaccinazione contro l’influenza umana per prevenire il riassortimento genetico tra virus umani e aviari in caso di infezione con virus influenzali aviari in concomitanza con episodi di influenza umana.

Ci teniamo a ribadire che la trasmissione all’uomo è difficile e il contagio è indiretto e mai da persona a persona. Negli ultimi anni ci sono stati diversi casi di persone affette da influenza aviaria. Vi riportiamo di seguito il sunto a livello mondiale:

L’influenza aviaria in Europa

Negli ultimi anni ci sono state diverse epidemie HPAI che hanno interessato molti paesi europei, Italia compresa. Le epidemie si sono verificate soprattutto nei mesi autunnali e invernali. I grafici seguenti mostrano un sunto sul numero di paesi colpiti, focolai registrati e quanti di questi hanno interessato specie selvatiche o specie allevate dall’uomo (Avian influenza overview March 2023).

I dati sono aggiornati al 1° Marzo 2023. 

Di seguito vi riportiamo alcuni tra i grafici del report dell’EFSA tra i più interessanti. Questi possono dare un idea dei numeri e della distribuzione dei casi ad alta patogenicità che si sono verificati nel periodo compreso tra Dicembre 2022 e Marzo 2023.

Il report europeo ci offre un’idea anche della distribuzione dell’Aviaria a livello mondiale, contato che non tutti i paesi hanno dati aggiornati sulla distribuzione dei focolai.

Anche specie di mammiferi sono state interessate da infezioni ad alta patogenicità di influenza aviaria! In quali specie?

  • In volpe rossa (Vulpes vulpes) e Lontra europea (Lutra lutra), in Svezia, in Estonia e in Finlandia. Alcuni di questi virus mostrano un adattamento genetico alla replicazione nei mammiferi (Manzoor et al., 2009; Kim et al., 2010; Herfst et al., 2012; Suttie et al., 2019).

Ma, non solo in queste specie purtroppo! Sempre il report ESFA ci da un quadro abbastanza aggiornato anche della distribuzione del virus tra i mammiferi che vi mostrerò nel prossimo grafico. Dobbiamo preoccuparci? sinceramente per me si, ma ci rincuora in parte il fatto che non ci sono prove che vi possa essere un passaggio diretto del virus tra mammiferi ma che questi siano per ora ancora contagi indiretti avvenuti per contatto con avifauna infetta o mezzi in cui il virus era presente.

Il numero di specie coinvolte è decisamente notevole e in costante aumento ogni anno.

Situazione in Italia

In Italia la situazione è simile agli ultimi 3 anni, con diversi focolai soprattutto tra le zone della pianura Padana. Se avvistate un volatile morto per cause sconosciute o se allevate galline che ritrovate improvvisamente senza vita, non fatevi problemi a comunicare e avvisare subito il servizio di igiene e di sanità pubblico che provvederanno ai dovuti accertamenti. Sul sito dell’Istituto Zooprofilatico delle Venezie potete consultare i dati sulla situazione in Italia in costante aggiornamento.

In conclusione…

Perché abbiamo voluto parlarvi dell’influenza aviaria? perché sicuramente non è una questione da sottovalutare: non se ne può ignorare la vasta diffusione tra sempre più specie selvatiche, oltre ai danni ingenti che ha causato e sta causando per tutti gli allevatori che da un giorno all’altro si ritrovano a dover fare i conti con questo temibile nemico!

Vi aggiungo anche che, in particolare, io personalmente, da grandissima amante e appassionata di avifauna quale sono, ho un tuffo al cuore ogni volta che sento la notizia di gruppi di selvatici che muoiono a causa di queste epidemie! è da qui che mi sono interessata al fenomeno e ho voluto quindi condividerlo con voi tutti, nella speranza che dalla conoscenza nasca sempre qualcosa di buono!

Grazie per averci letto! restate con noi,

Antonella

EFSA, ECDC, EURL: ongoing avian influenza outbreaks in birds, low risk to the public | EFSA (europa.eu)

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